Storia di Catania

11.1 L'Elefante di Catania

AnfiteatroL’elefante di Catania, che oggi troneggia in Piazza Duomo, nella sistemazione data dall'architetto palermitano G.B. Vaccarini nel 1736, è diventato simbolo ufficiale della città nel 1239, in sostituzione di S.Giorgio [5], [6]. La leggenda racconta che quando Catania fu per la prima volta abitata, tutti gli animali feroci e pericolosi furono messi in fuga da un elefante, al quale i catanesi, in segno di ringraziamento, eressero una statua, da loro chiamata con il nome popolare di liotru. Il nome è una correzione dialettale del nome Elidoro, mitico mago catanese dell’VIII secolo, che fu fatto bruciare vivo nel 778 dal vescovo di Catania San Leone II il Taumaturgo, perché sfidava la potenza del Cristianesimo e disturbava le funzioni sacre con varie magie, tra cui quella di far camminare l’elefante di pietra. Diverse ipotesi sono state fatte dagli studiosi per spiegare l’origine e il significato della statua. Lo storico Pietro Carrera da Militello (1571-1647), nel suo libro "Memorie Historiche della città di Catania" (1639), lo spiegò come simbolo di una vittoria militare riportata dai catanesi sui libici. Ma tale vittoria, celebrata anche dal pittore Giuseppe Sciuti, che la rappresentò nel sipario del Teatro Bellini nel 1890, fu solo immaginaria. 
Altra ipotesi è quella formulata nel 1781 dall'archeologo catanese Ignazio Paternò Castello principe di Biscari, il quale ritenne che che l'elefante dovesse costituire un ornamento del circo catanese, ipotesi che si rivela vera non per l'elefante, ma per l'obelisco che esso regge sul dorso, che effettivamente rappresentava una delle mete dell'arena del circo [1]. Gli studiosi catanesi Santi Consoli e Matteo Gaudioso hanno invece voluto vedere nell'elefante il simbolo di una religione orientale, peraltro non identificata. Ma
L’ipotesi più attendibile è quella espressa da Biagio Pace, il quale, basandosi sulle descrizioni del geografo arabo Idrisi vissuto nel XII secolo, afferma che l’elefante di Catania è una statua magica, un vero e proprio talismano, costruito in epoca bizantina e posto fuori le mura della città proprio per difendere Catania dalle offese dell’Etna.

La colonna sostenuta dal dorso dell’elefante è un obelisco egiziano, di granito ottagonale di Siene, alto 3.61 metri e contenente geroglifici relativi al culto di Iside, culto che dovette essere fiorentissimo nella Catania antica, e che ha evidenti punti di contatto con il culto cristiano di S. Agata. La sistemazione vaccariniana (che fu manomessa nel 1757 con una prima vasca, nel 1826 con l’aggiunta di una cancellata di ferro, oggi rimossa, e nel 1905 con la costruzione di una seconda vasca) unisce le tre grandi civiltà che formano il sostrato storico-civile di Catania: quella egizia, quella sicula e quella cristiana. L’egizia è rappresentata dall’obelisco, che ci fa fede dei commerci e della vitalità raggiunta da Catania in epoca antica; quella sicula è rappresentata dall’elefante di pietra; ed infine quella cristiana è rappresentata dalla tavoletta metallica, con l’iscrizione agatina MSSHDEPL ("Mens Sanctra Spontaneus Honor Dei Et Patriae Liberatio", ovvero "mente sana e casta per l'onore di Dio e per la libertà della patria", [6]). 

La fontana è ornata da putti e da due bassorilievi che raffigurano i due fiumi di Catania, il Simeto e l'Amenano. Il Simeto è il fiume più importante della Sicilia. Ovidio lo cantò in versi che sono scolpiti sul basamento della fontana; gli Arabi lo chiamavano "il fiume di Mosè" ed è celebre perché le sue acque trasportano l’ambra, la resina fossile che i "sicali" raccolgono pazientemente tra le sabbie della foce, e che i gioiellieri catanesi trasformano in preziosi e ricercati monili. Il fiume Simeto è anche legato alle leggende di S.Agata, perché si dice che nelle sue acque abbia trovato la morte Quinziano, il feroce persecutore della giovinetta catanese. Nel piedistallo della fontana, il fiume Simeto è rappresentato come un re barbuto, seduto tra una conchiglia che versa acqua, simbolo di fecondità, e una vanga, simbolo della feratilità delle terre della piana di Catania, che il Simeto irriga [1].

I catanesi sono molto legati al loro simbolo civico, tanto che il 30 maggio 1862 ci fu una vera e propria sommossa popolare, guidata da Bonaventura Gravina, capitano della Guardia Nazionale, perché si era sparsa la voce che il Comune intendesse trasferire il "liotru" dalla centralissima Piazza Duomo alla periferica piazza Palestro [1].  

 

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